Da DVG - Il Dizionario dei Videogiochi
Presentato per la prima volta al Consumer Electronic Show nel 1976 il Commodore PET (acronimo di Personal Electronic Transactor) non è un semplice computer, ma rappresenta il risultato degli sforzi e sacrifici di un uomo che fuggì dai campi di concentramento nazisti e si rifugiò negli Stati Uniti per avviare un'attività di riparatore di macchine per scrivere. Come succede solo oltreoceano, riuscì ad acquistare 25 anni dopo la MOS Technologies, produttrice del famoso chip MOS 6502: proprio quello fu il cuore del primo computer prodotto dalla sua società, il Commodore PET 2001.
Inconfondibile e affascinante, racchiuso nella sua scatola metallica dalle forme spigolose e sovrastato da un monitor trapezoidale, il Commodore PET 2001 si riconosceva subito per la sua tastiera non standard, simile ad un registratore di cassa, e il lettore di nastri incastonato nello stesso cabinet.
Il non-standard è stata una delle caratteristiche più comuni di casa Commodore: le potenzialità del computer bastarono a garantirne il successo immediato (in Europa coprì l'80% del mercato), ma l'incompatibilità con le periferiche di altri produttori ne accelerò l'obsolescenza. Questa sorta di protezionismo informatico generò un curioso fenomeno: ogni computer Commodore era circondato dalle necessarie periferiche della stessa casa, creando una sorta di “micromondo” di oggetti spigolosi e autonomi, poi rotondeggianti ma pur sempre attraenti.
Forse, oggi, è proprio quella controtendenza pratica e formale che rende i primi Commodore PET e CBM così caratteristici: più simili a oggetti di scena di un vecchio film di fantascienza, ma complici indiscussi della rivoluzione informatica.